Critica


FEDERICA FACCHINI  (2019)

Hanno un afflato poetico e mistico le installazioni di Giorgio Baldoni. Conducono lo spettatore in uno spazio-tempo sospeso che invoca dimensioni dimenticate, nascoste, imprigionate nella memoria individuale e collettiva. Sono frammentazioni che hanno qualcosa di archetipico, di ancestrale, che comunicano un’attesa, la cristallizzazione di istanti. Baldoni infatti si interessa al momento, cattura l’attimo, per tentare di cogliere quel profondo delle cose che a volte è aleatorio, sfuggente, rapido e che si cela dietro la forza dei simboli. Egli traduce in forma plastica con una notevole tensione comunicativa, la pulsione delle emozioni e del vissuto. Con una tecnica povera, quasi francescana, come quella della cartapesta, plasma con grande sintesi espressiva gli aspetti vitali che appartengono indistintamente a tutti, quali la vita, la morte, l’amore, la violenza, la sofferenza, la determinazione. Ne risultano composizioni narrative di grande suggestione, dove l’avorio increspato delle superfici porose a volte è vivificato da sbavature e sgocciolamenti pittorici a evidenziare la corruttibilità delle cose dell’esistenza.

NUNZIO GIUSTOZZI  (2018)

I quadri di Giorgio Baldoni colpiscono per l’intimismo minimalista degli ambienti cui sa dare vita: atmosfere eteree, esistenze imbiancate chiuse da pareti pittoriche lisce o trame ruvide nella ricca monocromia di bianchi, di una gamma infinita, di grigi illuminati da qualche bagliore dorato, chiarori alternati a geometriche pozze d’ombra in un silenzio pittorico indecifrabile, esito di una sensibilità profondamente malinconica, eco non proprio leggera della solitudine odierna. La composizione è studiata negli interni ad angoli retti o acuti, finestre fatte di triangoli scaleni mitigati dalle linee morbide di una sedia, di un filo attorcigliato di corrente fino alla spina dalla presa sgangherata, di una poltrona vuota, lontana per rendere più languido uno spazio denso, ripiegato in pochi metri, che talvolta affaccia su altre stanze o su esterni lasciati appena intuire. Le sue opere paiono scacchiere dell’esistenza, quadrettano questo elogio dell’assenza con un rigore mentale spoglio e inquietante, spettrali allegorie della tragedia umana. Un realismo impalpabile, ipnotico quello dei pochissimi oggetti, relitti senza più senso o funzione, dei dettagli desueti costretti a lasciare un’impronta sulla tela invocando il mistero dello sguardo che si poggia immobile su lunghezze intraviste, dimentiche del tempo, della cura, di ogni fretta: non è possibile passare oltre l’essenziale.

VITTORIO SGARBI  (2017)

Per parlare della pittura di Giorgio Baldoni, è bene subito sgombrare il campo da alcuni possibili equivoci. Il primo è quello che si possa pensare a Baldoni come pittore figurativo. Egli non è pittore figurativo in senso stretto, e tuttavia non è neppure, in senso stretto, pittore aniconico. Baldoni è contemporaneamente pittore e poeta, così che nelle sua composizioni, tenute spesso in bilico tra astrazione e figurazione, si respira un’aria di una poesia antica: poesia di oggetti, di momenti, di situazioni, di fugaci impressioni rimaste impigliate nella tela dei ricordi e delle memorie inconsce. Una forma può sì apparire, tra la materia spessa e grumosa dei suoi quadri, ma sarà facilmente forma ancestrale, primitiva quasi, un grumo di ricordi provenienti da qualche frammento di memoria inespressa che si è “fatto materia” tra le mani dell’artista prima ancora che potesse diventare pensiero coerente e organico nella sua mente. Quella di Baldoni è dunque una pratica pittorica che recupera frammenti di realtà (il portone di un’antica casa di paese, forse oggi andato purtroppo distrutto dalla furia devastatrice del sisma, il volto di un bambino o di un uomo, l’immagine semplice e antica di un sasso, di una foglia, di un fiore, di un gesto, di un semplice frammento di muro), con una sensibilità che pesca dalla grande tradizione informale, e che affonda nel vivo di una tradizione culturale e pittorica che è quella della linea più nervosa e dinamica del secondo Novecento, con le sue scosse visive, le sue ambiguità, la sua incertezza, anche, nel ritrovare l’unità del reale in un solo frammento visivo, e che ama invece giocare con i materiali e le tecniche, con le linee e le forme, senza mai fermarsi su un unico stile, su un unico e immediatamente riconoscibile senso formale.
Nella pittura di Giorgio Baldoni c’è, insomma, come il desiderio sottile di cibarsi di ciò che il mondo ci offre – oggetti, emozioni, istanti, ricordi – con la voracità del gesto poetico e creativo, di sovrapporsi in questo modo ad esso, di farlo rivivere dalle sue stesse ceneri per farlo finalmente e poeticamente rinascere, usando non necessariamente le stesse tecniche, lo stesso stile o gli stessi mezzi tra un’opera e l’altra, ma certamente la stessa sensibilità, lo stesso, potremmo dire, atteggiamento mentale e poetico nell’affrontare il mondo e la realtà.

PAOLO LEVI (2017)

Giorgio Baldoni osserva la realtà, la studia e l’analizza come soggetto delle sue opere, ma allo stesso tempo la destruttura, la scompone, la disordina ricomponendola sotto nuove spoglie estetiche ma con il suo significato intatto, immutato. Baldoni contestualizza le sue idee e il suo bisogno di espressività, circoscrivendo il tutto a un’azione pittorica sapiente e di acceso simbolismo.  Il suo astrattismo permette all’astante di guardare le cose da una nuova prospettiva, una prospettiva che attraverso interessanti strutture cromatiche e rapide e sapienti pennellate, allarga gli orizzonti percettivi oltre cui guardare e che costituisce uno dei caratteri distintivi del linguaggio pittorico di Baldoni. Un linguaggio pittorico che mette nero su bianco, una segnica fondamentale per sciogliere la matassa della trama delle sue opere e poter indagare in quel perimetro d’azione artistica, come il maestro riesca a dilatare il tempo e lo spazio rendendo la sua produzione senza tempo, anacronistica. Opere che prendono vita a cavallo tra un passato ostico dove spesso non vi era abbastanza spazio per lasciar andare la creatività come era giusto che fosse, e un futuro incerto ma sicuramente maggiormente benevolo nei confronti di un’arte insolita e ai limiti del concettuale; in mezzo sta il presente, quello che Baldoni vive attualmente con grande contemporaneità e che funge da ponte che mette in comunicazione momenti diversi, non solo del tempo comune ma del tempo dell’artista e della sua carriera. Una ricerca che si prefigge come scopo il rintracciare quell’estetica pura che coincida col significato, una ricerca che vuole andare oltre la bellezza comune e mostrare ciò che non siamo soliti notare.

JOAN LLUIS MONTANE’  (2015)

GIORGIO BALDONI, MATERIA E COLORE, SPAZIO E POETICA

Giorgio Baldoni, nato a Sant’Elpidio a Mare (FM) nelle Marche, dove vive e lavora attualmente, si caratterizza per un discorso creativo, riguardante la sua attività pittorica recente, basato al tempo stesso sulla materia e sul colore, ai quali riserva un trattamento specifico e determinante. Nella sua produzione pittorica più recente, la materia costituisce parte dell’oggetivo, è la forza del supporto, che si concentra nella determinazione della sua impronta. La materia è concepita come la base di partenza da cui elevarsi ad altri stadi dell’esistenza. Egli compone scene a partire da elementi chiave attinti sia dalla natura – il sole, il mare, i fiori, la terra, i paesaggi, ecc. – che dall’essere umano – l’uomo, la donna, elementi interrelazionati alla psiche, ecc. –allontanandosi così da ciò che l’Uomo ha costruito, dal fabbricato. Per Baldoni conta di più la capacità poetica evocatrice di ciò che è vivo, della forza emanata dall’esistenza stessa, capace di reinventarsi continuamente, di trasformarsi a piacimento, a partire dal contrasto di situazioni ed emozioni, piuttosto che la capacità racchiusa dagli enigmi simbolici. La sua preoccupazione è incentrata negli aspetti riguardanti il paesaggio, gli astri, come il sole, la forza contenuta nella natura, la potenza che possiede la Terra, al fine di lanciare un messaggio di vitalità assoluta, come se fosse una espressione del supremo, perché è ciò che realmente regge il mondo. Il colore è la definizione, la spiegazione dinamica della materia, che le dà il senso più profondo, rivolgendosi a coloro che dimostrano interesse a decifrare enigmi per informarli del fatto che fa parte di un tutto discorsivo sprovvisto di un interesse preciso a creare un contatto con l’aneddoto, perché non le interessa in quanto tale. Perché il colore è l’energia della trasmutazione, e non una spiegazione di ciò che uno vede a prima vista. Significa affermare che per l’artista italiano il colore è la definizione di un’attitudine plastica che gli permette di indagare il contrasto per ottenere un’opera piena di forza e di personalità, sebbene le tematiche scelte siano più o meno convenzionali, oppure al contrario, trascendenti e profonde. Egli ricerca la tridimensionalità a partire dalla materia, per essere essenza a partire dalla forma, dalla necessità di cercare l’assenza di peso partendo da una rappresentazione chiara dell’oggetto del suo interesse. Durante il suo appassionato processo di ricerca delle cose, Baldoni si concede varie licenze, approcciando delle questioni primordiali, sulla vita e la trascendenza. Egli permane fedele alla natura, ricerca l’emozione, navigando tuttavia sempre nel dubbio, preferendo captare la parte poetica, la pulsione dell’emozione, in tutte le sue sfaccettature e in tutti i suoi aspetti, per addentrarsi nella profondità della propria esistenza, intesa come una chiave che possa aprire la porta ad altre considerazioni. Lavora con colori contrastanti, forti, evidenti, espressivi, al fine di accentuare la forza e la potenza del vissuto, non come aneddoto, bensì come pulsione vitale capace di andare al di là dell’esistenza stessa, intesa come accadere. Si interessa al momento, cattura l’istante, ricerca nel gesto delle cose la forza del simbolo. È come se cercasse il momento per trovare il profondo a partire dall’istante. Per Giorgio Baldoni l’emozione, la forza della vitalità, l’esistenza del biologico è fondamentale. Lo è ugualmente una ferma idea poetica di trascendenza, che fa leva su determinati simboli, su elementi strutturati in maniera tale da coordinarsi in forma semplice. Ma nella semplicità del suo approccio risiede la sua capacità di ricreare nella profondità e nella trascendenza ciò che più gli interessa. È un creatore che possiede un’alta qualità poetica, che ricerca l’emozione senza dimenticare la purezza del plastico. Egli lavora sul simbolo, sulla sua capacità di evocare in forma plastica gli aspetti vitali, quali la vita, la morte, la sofferenza, la forza della mente, l’amore, la coppia, la determinazione, e la loro attitudine, per poter andare al di là dei limiti. Apporta una capacità di sintesi e di vitalità cromatica in composizioni che possiedono al tempo stesso rilievo e profondità, risaltando così il suo interesse a costruire una pittura che non passi inosservata, e che sia inoltre dotata di tutto ciò che le serve essenzialmente per raggiungere l’efficacità assoluta in termini di espressività.

CARLA D’AQUINO MINEO   (2015)

OLTRE IL REALE NELLA POETICA DELL’IMMAGINARIO DEL MAESTRO GIORGIO BALDONI

La traccia di un paesaggio cosmico, l’apparizione simbolica di figure o di onde marine, la memoria di un attimo, sono temi iconografici dell’ampia narrazione figurativa del maestro Giorgio Baldoni. Non si tratta, dunque, di una verista rappresentazione, bensì la sua splendida arte pittorica si sviluppa in raffinate vibrazioni che sussultano, attraverso una figurazione che trascende il mondo visibile e l’apparenza delle cose verso una trasognata e simbolica metamorfosi della realtà, in cui la tecnica pittorica è legata alla razionalità ed al sentimento delle cose nella tensione lirica, tra geometria e libera fantasia, tra pulsione emotiva e ripetute forme geometriche nell’evocazione di un’arte astratta che si evolve in visioni surreali. Ecco che allora, la bianca luminosità irradia le oniriche geometrie, tra velature di colori dalle calde cromie dei rossi fiammeggianti ed i gialli dorati in una raffigurazione bidimensionale, che non esclude completamente il dato naturale, ma sviluppa le immagini attraverso l’elemento mobile e fantastico di una nuova creatività. Così, le voci segrete della natura, si posano liricamente nelle raffinate tonalità e nell’alchimia coloristica, in alternanza di cromie più intense e brillanti nei dipinti del maestro Giorgio Baldoni che interpretano con intima suggestione pittorica l’intensità dei momenti vissuti in una “irreale realtà”, mentre diviene rivelazione alle soglie di un sogno. Nell’abile ed istintiva gestualità pittorica, quindi, si susseguono immagini dinamiche che trasfondono un’energia cosmica e vitalità, mentre le libere formulazioni astratte percorrono una fuga dei pensieri in una dimensione fantastica, ma direi spirituale. Ecco perché, le figure ed i soggetti rappresentativi si spogliano simbolicamente della loro esteriorità per divenire essenza delle cose, in cui geometria e fantasia, materia e trasparenza si integrano armonicamente in visioni di onirica bellezza. Alla fine, la narrazione pittorica si fa più articolata tra piani, sfaccettature e linee che si modulano in un’analisi concettuale, rivelando l’interpretazione inconscia dell’autore, tra tracce del vissuto che affiorano nella decantazione della materia e nei simbolismi, mentre alludono ai significati della vita. Anche lo spazio immaginario è in realtà la sintesi visiva di un logos ideale, attraverso una ristrutturazione mentale di memorie che appartengono alla sua dimora esistenziale. In tal modo, il fascino del mistero aleggia nei suoi dipinti, in cui il dato reale si confonde nell’impianto progettuale tra oniriche geometrie, tra rapide pennellate in un’istantanea e precisa grafica che si fonde nei sussulti emozionali e nel libero pensiero dell’autore. Sta qui, il pregio nei dipinti del maestro Giorgio Baldoni: le magiche mescolanze e sovrapposizioni di colore e materia che conferiscono alle opere d’arte un dinamismo lirico alle sognanti immagini, determinano l’integrazione fra istintività espressiva e rigore compositivo, tra senso e ragione, creando un contenuto pittorico di strutture spaziali che sintetizzano un plasticismo costruttivo che non si lascia leggere con semplicità, ma nei rapporti di segno e colore, si articola un’ inedita pittura astratta e surreale nella carica emozionale, dove l’autonomia stilistica supera i dettami accademici, tra tradizione ed innovazione, mentre ci trasporta in un sogno ad occhi aperti.